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La Famiglia

Con Gesù > Storie brevi per l'anima

Queste piccole storie vogliono solo chiederti un momento di attenzione per quelle voci che abbiamo dimenticato di ascoltare. Quelle voci e quei canti che abbiamo dentro e che ci parlano di cieli azzurri e aria pulita, di sogni e di batticuori, di voglia di abbracciarsi e piangere insieme, di un Dio sconvolgente che è venuto a chiederci di lasciarci salvare da Lui. (Bruno Ferrero)


*La collaborazione

Marito e moglie erano sulle scale alle prese con un pesante cassettone. Li vide un cognato. «Vi do una mano», disse accorrendo. E afferrò un angolo del mobile.
Qualche minuto dopo, incapaci di muovere il cas anche di un solo centimetro, i tre si conce qualche minuto di riposo.
«Che fatica portare su questo cassettone!», comò il cognato. Marito e moglie scoppiarono a ridere. «Noi stavamo cercando di portarlo giù!».

Gli amici non si guardano negli occhi. Guarda insieme nella stessa direzione. Una coppia di fidanzati chiese: «Cosa dobbiamo fare perché il nostro amore duri?». Rispose il maestro: «Amate insieme altre cose».


*Father Forgets

Ascolta, figlio: ti dico questo mentre stai dormen con la manina sotto la guancia e i capelli biondi appiccicati alla fronte. Mi sono introdotto nella tua camera da solo: pochi minuti fa, quando mi sono se a leggere in biblioteca, un'ondata di rimorso mi si è abbattuta addosso, e pieno di senso di colpa mi avvicino al tuo letto.
E stavo pensando a queste cose: ti ho messo in croce, ti ho rimproverato mentre ti vestivi per andare a scuola perché invece di lavarti ti eri solo passato un asciugamano sulla faccia, perché non ti sei pulito le scarpe. Ti ho rimproverato aspramente quando hai buttato la roba sul pavimento.
A colazione, anche lì ti ho trovato in difetto: hai fatto cadere cose sulla tovaglia, hai ingurgitato cibo come un affamato, hai messo i gomiti sul tavolo. Hai spalmato troppo burro sul pane e, quando hai comin a giocare e io sono uscito per andare a prendere il treno, ti sei girato, hai fatto ciao ciao con la manina e hai gridato: «Ciao, papino!» e io ho aggrottato le sopracciglia e ho risposto:
«Su diritto con la schiena!». E tutto è ricominciato da capo nel tardo pome perché quando sono arrivato eri in ginocchio sul pavimento a giocare e si vedevano le calze buca Ti ho umiliato davanti agli amici, spedendoti a casa davanti a me. Le calze costano, e se le dovessi comperare tu, le tratteresti con più cura. Ti ricordi più tardi come sei entrato timidamente nel salotto dove leggevo, con uno sguardo che parlava dell'offesa subita? Quando ho alzato gli occhi dal giornale impaziente per l'interruzione sei rimasto esitante sulla porta. "Che vuoi?", ti ho aggredito brusco. Tu non mi hai detto niente, sei corso verso di me e mi hai buttato le braccia al collo e mi hai baciato e le tue braccine mi hanno stretto con l'affetto che Dio ti ha messo nel cuore e che, anche se non raccolto, non appassisce mai. Poi te ne sei andato sgambettando giù dalle scale. Be', figlio, è stato subito dopo che mi è scivolato di mano il giornale e mi ha preso un'angoscia terri Cosa mi sta succedendo? Mi sto abituando a tro colpe, a sgridare; è questa la ricompensa per il fatto che sei un bambino, non un adulto? Nient'altro per stanotte, figliolo. Solo che son venuto qui vicino al tuo letto e mi sono inginocchiato, pieno di vergo
É una misera riparazione, lo so che non capiresti queste cose se te le dicessi quando sei sveglio. Ma domani sarò per te un vero papà. Ti sarò compagno, starò male quando tu starai male e riderò quando tu riderai, mi morderò la lingua quando mi saliranno alle labbra parole impazienti. Continuerò a ripeter come una formula di rito: «É ancora un bambi un ragazzino!». Ho proprio paura di averti sempre trattato come un uomo. E invece come ti vedo adesso, figlio, tutto appallottolato nel tuo lettino, mi fa capire che sei an un bambino. Ieri eri dalla tua mamma, con la testa della spalla. Ti ho sempre chiesto troppo, troppo.

Vogliamo sempre troppo... dagli altri.


*Trenta consigli per genitori frettolosi

Qualche semplice regola che può migliorare la vita familiare e l'educazione.
1.
I primi anni di vita sono importanti: è in questo periodo che si posano le strutture fondamentali della persona.
2. I bambini sono persone con carattere, temperamento, bisogni, desideri, cambiamenti di umore proprio come voi. Lasciate che anche i vostri figli qualche volta diano in escandescenze.
3. I bambini imitano quello che fate voi. Non faranno mai quello che ordinate. Soprattutto non fate prediche. I bambini imparano solo quello che vivono.
4. I due genitori devono avere la stessa idea di educazione. Questo non significa che devono fare le stesse cose o apparire un muro di cemento armato.
5. Non entrate in conflitto con i vostri figli. Ogni volta che entrerete in conflitto con i vostri figli voi avrete già perso.
6. Siate pazienti. Anche con voi stessi. Nessuno ha mai detto che sia facile essere un genitore.
7. I genitori non sono i soli educatori: c'è anche la società in cui i figli sono immersi.
8. Dite "no". In questo modo i vostri figli sapranno che li proteggete anche dai loro errori. Insegnate ai vostri figli che non possono avere tutto e subito. È prudente, perciò, usare con cautela il sistema di assecondare: i bambini devono imparare a manovrare le frustrazioni, perché la vita dell'adulto ne è piena. È pura assurdità partire dal principio che il bambino sarà in grado di affrontarle quando sarà più grande; che cosa, infatti, c'è di magico nella crescita per fornire una capacità che si dovrebbe rivelare fin dai primi anni di vita?
9. Riservate del tempo per ridere insieme e divertitevi insieme. Vivete i vostri valori nella gioia. Se fate la morale tutto il giorno ai vostri figli verrà voglia di scappare.
10. Scambiatevi dei regali.
11. Imparate a relativizzare i problemi, ma risolveteli.
12. Accogliete in casa gli amici dei vostri figli.
13. L'incoraggiamento è l'aspetto più importante nella pratica di educazione del bambino. É tanto importante, che la mancanza di esso si può considerare quale causa fondamentale di certe anomalie del comportamento. Un bambino che si comporta male è un bambino scoraggiato.
14. Consentite ai vostri figli di non avere il vostro parere. E soprattutto ascoltateli veramente. Fa parte del nostro pregiudizio comune sui bambini pretendere di capire quello che vogliono dire senza in realtà ascoltarli. I figli hanno una diversa prospettiva e spesso soluzioni intelligenti da proporre. Il nostro orgoglio ci impedisce di ascoltarli.
Quante volte potremmo approfittare della loro sensibilità se li trattassimo alla pari e li ascoltassimo davvero.
15. Sottolineate i lati positivi dei vostri figli. I bambini non ne sono sempre coscienti. I complimenti piacciono a tutti, anche ai vostri figli.
16. Consentite loro di prendere parte alle decisioni della famiglia. Spiegate bene i motivi delle vostre scelte. Rispondete ai loro «perché».
17. Mantenete la parola. Siate coerenti. Attenetevi alle decisioni prese. Non promettete o minacciate a vanvera.
18. Riconoscete i vostri errori e scusatevi. Abbiate il coraggio di essere imperfetti e consentite ai vostri figli di esserlo.
19. Giocate con i vostri figli.
20. Quando dovete fare un "discorso serio" con i vostri figli, aspettate che siano in posizione orizzontale. Non fatelo mai quando sono in posizione verticale.
21. Ricordate che ogni bambino è unico. Non esiste l'educazione al plurale.
22. Alcuni verbi non hanno l'imperativo. Non potete dire: «Studia!», «Metti in ordine!», «Prega!» e sperare che funzioni.
23. Spiegate ai vostri figli che cosa provate. Raccontate come eravate voi alla loro età.
24. Aiutateli a essere forti e a riprendersi quando le cose vanno male.
25. Raccogliete la sfida della TV. La televisione non è tanto pericolosa per quello che fa quanto per quello che non fa fare.
26. Non siate iper/protettivi. Cercate le occasioni giuste per tirarvi indietro e consentire ai vostri figli di mettere alla prova la loro forza e le loro capacità.
27. Un bambino umiliato non impara nulla. Eliminate la critica e minimizzate gli errori. Sottolineando costantemente gli errori, noi scoraggiamo i nostri figli, mentre dobbiamo ricordarci che non possiamo costruire sulla debolezza, ma soltanto sulla forza.
28. Non giudicate gli altri genitori dai loro figli e non mettetevi in competizione per i figli con parenti e amici.
29. Date loro il gusto della lettura.
30. Raccontate loro la storia di Gesù. Tocca a voi.


*Un decalogo per il papà   

1°. Il primo dovere di un padre verso i suoi figli è amare la madre. La famiglia è un sistema che si regge sull'amore. Non quello presupposto, ma quello reale, effettivo. Senza amore è impossibile sostenere a lungo le sollecitazioni della vita familiare. Non si può fare i genitori "per dovere". E l'educazione è sempre un "gioco di squadra". Nella coppia, come con i figli che crescono, un accordo profondo, un'intima unione danno piacere e promuovono la crescita, perché rappresentano una base sicura. Un papà può proteggere la mamma dandole in "cambio", il tempo di riprendersi, di riposare e ritrovare un po' di spazio per sé.
2°. Il padre deve soprattutto esserci. Una presenza che significa "voi siete il primo interesse della mia vita". Affermano le statistiche che, in media, un papà trascorre meno di cinque minuti al giorno in modo autenticamente educativo con i propri figli. Esistono ricerche che hanno riscontrato un nesso tra l'assenza del padre e lo scarso profitto scolastico, il basso quoziente di intelligenza, la delinquenza e l'aggressività. Non è questione di tempo, ma di effettiva comunicazione. Esserci, per un papà vuol dire parlare con i figli, discorrere del lavoro e dei problemi, farli partecipare il più possibile alla sua vita. E' anche imparare a notare tutti quei piccoli e grandi segnali che i ragazzi inviano continuamente.
3°. Un padre è un modello, che lo voglia o no. Oggi la figura del padre ha un enorme importanza come appoggio e guida del figlio. In primo luogo come esempio di comportamenti, come stimolo a scegliere determinate condotte in accordo con i principi di correttezza e civiltà. In breve, come modello di onestà, di lealtà e di benevolenza. Anche se non lo dimostrano, anche se persino lo negano, i ragazzi badano molto di più a ciò che il padre fa', alle ragioni per cui lo fa. La dimostrazione di ciò che chiamiamo "coscienza" ha un notevole peso quando venga fornita dalla figura paterna.
4°. Un padre dà sicurezza. Il papà è il custode. Tutti in famiglia si aspettano protezione dal papà. Un papà protegge anche imponendo delle regole e dei limiti di spazio e di tempo, dicendo ogni tanto "no", che è il modo migliore per comunicare: "ho cura di te".
5°. Un padre incoraggia e dà forza. Il papà dimostra il suo amore con la stima, il rispetto, l'ascolto, l'accettazione. Ha la vera tenerezza di chi dice: "Qualunque cosa capiti, sono qui per te!". Di qui nasce nei figli quell'atteggiamento vitale che è la fiducia in se stessi. Un papà è sempre pronto ad aiutare i figli, a compensare i punti deboli.
6°. Un padre ricorda e racconta. Paternità è essere l'isola accogliente per i "naufraghi della giornata". E' fare di qualche momento particolare, la cena per esempio, un punto d'incontro per la famiglia, dove si possa conversare in un clima sereno. Un buon papà sa creare la magia dei ricordi, attraverso i piccoli rituali dell'affetto. Nel passato il padre era il portatore dei "valori", e per trasmettere i valori ai figli basta imporli. Ora bisogna dimostrarli. E la vita moderna ci impedisce di farlo. Come si fa a dimostrare qualcosa ai figli, quando non si ha neppure il tempo di parlare con loro, di stare insieme tranquillamente, di scambiare idee, progetti, opinioni, di palesare speranze, gioie o delusioni?
7°. Un padre insegna a risolvere i problemi. Un papà è il miglior passaporto per il mondo " di fuori". Il punto sul quale influisce fortemente il padre è la capacità di dominio della realtà, l'attitudine ad affrontare e controllare il mondo in cui si vive. Elemento anche questo che contribuisce non poco alla strutturazione della personalità del figlio. Il papà è la persona che fornisce ai figli la mappa della vita.
8°. Un padre perdona. Il perdono del papà è la qualità più grande, più attesa, più sentita da un figlio. Un giovane rinchiuso in un carcere minorile confida: "Mio padre con me è sempre stato freddo di amore e di comprensione. Quand'ero piccolo mi voleva un gran bene; ci fu un giorno che commisi uno sbaglio; da allora non ebbe più il coraggio di avvicinarmi e di baciarmi come faceva prima. L'amore che nutriva per me scomparve: ero sui tredici anni... Mi ha tolto l'affetto proprio quando ne avevo estremamente bisogno. Non avevo uno a cui confidare le mie pene. La colpa è anche sua se sono finito così in basso. Se fossi stato al suo posto, mi sarei comportato diversamente. Non avrei abbandonato mio figlio nel momento più delicato della sua vita. Lo avrei incoraggiato a ritornare sulla retta via con la comprensione di un vero padre. A me è mancato tutto questo".
9°. Il padre è sempre il padre. Anche se vive lontano. Ogni figlio ha il diritto di avere il suo papà. Essere trascurati, trascurati o abbandonati dal proprio padre è una ferita che non si rimargina mai.
10°. Un padre è immagine di Dio. Essere padre è una vocazione, non solo una scelta personale. Tutte le ricerche psicologiche dicono che i bambini si fanno l'immagine di Dio sul modello del loro papà. La preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre Nostro. Una mamma che prega con i propri figli è una cosa bella, ma quasi normale. Un papà che prega con i propri figli lascerà in loro un'impronta indelebile.


*Il puzzle   

Durante l'assenza della moglie, un importante uomo d'affari dovette rimanere in casa per badare ai due scatenatissimi bambini. Aveva un'importante pratica da sbrigare, ma i due piccoli non lo lasciavano in pace un istante.
Cercò così di inventare un gioco che li tenesse occupati un po' di tempo. Prese da una rivista una
carta geografica che rappresentava il mondo intero, una carta complicatissima per i colori dei vari stati. Con le forbici la tagliò in pezzi minutissimi che diede ai bambini, sfidandoli a ricomporre il disegno del mondo. Pensava che quel puzzle improvvisato li avrebbe tenuti occupati per qualche ora.
Un quarto d'ora dopo, i due bambini arrivarono trionfanti con il puzzle perfettamente ricomposto. "Ma come avete fatto a finire così in fretta?", chiese il padre meravigliato.
"É stato facile", rispose il più grandicello. "Sul rovescio c'era una figura di un uomo. Noi ci siamo concentrati su questa figura e, dall'altra parte, il mondo si è messo a posto da solo".
Il saggio Bayazid diceva: «Quando ero giovane ero un rivoluzionario e tutte le mie preghiere a Dio erano: "Signore, dammi la forza di cambiare il mondo". Quando ero ormai vicino alla mezza età e mi resi conto che metà della mia vita era passata senza che avessi cambiato nulla, mutai la mia preghiera in: "Signore, dammi la grazia di cambiare tutti quelli che sono in contatto con me. Solo la mia famiglia e i miei amici, e sarò contento".
Ora che sono vecchio e i miei giorni sono contati, comincio a capire quanto sono stato sciocco. La mia sola preghiera ora è: "Signore, fammi la grazia di cambiare me stesso". Se avessi pregato così fin dall'inizio non avrei sprecato la mia vita».
Se ognuno pensasse a cambiare se stesso, tutto il mondo cambierà.


*La Madre speciale
Vi è mai capitato di chiedervi come vengono scelte le madri dei figli handicappati?
In qualche maniera riesco a raffigurarmi Dio che dà istruzioni agli angeli, che prendono nota in un registro gigantesco.
“Armstrong, Beth, figlio. Santo patrono, Matteo…”.
“Forest, Marjoire, figlia. Santa patrona, Cecilia”.
“Rutledge, Carrie, gemelli. Santo patrono… diamo Gerardo. È abituato alla scarsa religiosità”.
Finalmente, passa un nome a un angelo e sorride: “A questa, diamole un figlio handicappato”.
L’angelo è curioso. “Perché a questa qui, Dio? È così felice”.
“Esattamente”, risponde Dio sorridendo. “Potrei mai dare un figlio handicappato a una donna che non conosce l’allegria? Sarebbe una cosa crudele”.
“Ma ha pazienza?”, chiede l’angelo.
“Non voglio che abbia troppa pazienza, altrimenti affogherà in un mare di autocommiserazione e pena. Una volta superati lo shock e il risentimento, di sicuro ce la farà”.

“Ma, Signore, penso che quella donna non creda nemmeno in Te”.
Dio sorride. “Non importa. Posso provvedere.
Quella donna è perfetta. È dotata del giusto egoismo”.
L’angelo resta senza fiato. “Egoismo? È una virtù?”.
Dio annuisce. “Se non sarà capace di separarsi ogni tanto dal figlio, non sopravviverà mai. Sì, ecco la donna a cui darò la mia benedizione di un figlio meno che perfetto. Ancora non se ne rende conto, ma sarà da invidiare.
Non darà mai per certa una parola. Non considererà mai che un passo sia fatto in comune. Quando il bambino dirà “mamma” per la prima volta, lei sarà testimone di un miracolo e ne sarà consapevole. Quando descriverà un albero o un tramonto al suo bambino cieco, lo vedrà come poche persone sanno vedere le mie creazioni.
Le consentirò di vedere chiaramente le cose che vedo io – ignoranza, crudeltà, pregiudizio -, e le concederò di levarsi al di sopra di esse. Non sarà mai sola, io sarò al suo fianco ogni minuto di ogni giorno della sua vita, poiché starà facendo il mio lavoro infallibilmente come se fosse al mio fianco”.
“E per il Santo patrono?”, chiede l’angelo tenendo la penna sollevata a mezz’aria.
Dio sorride. “Basterà uno specchio”. (Erma Bombeck)


*E Dio creò la mamma   

Il buon Dio aveva deciso di creare... la mamma. Ci si arrabattava intorno già da sei giorni, quand'ecco comparire un angelo che gli fa: "Questa qui te ne fa perdere di tempo, eh?". E Lui: "Sì, ma hai letto i requisiti dell'ordinazione? Dev'essere completamente lavabile, ma non di plastica... avere 180 parti mobili tutte sostituibili... funzionare a caffè e avanzi del giorno prima... avere un bacio capace di guarire tutto, da una sbucciatura ad una delusione d'amore... e sei paia di mani". L'angelo scosse la testa e ribatté incredulo: "Sei paia?!". "Il difficile non sono le mani - disse il buon Dio - ma le tre paia di occhi che una mamma deve avere". "Così tanti?". Dio annuì. "Un paio per vedere attraverso le porte chiuse quando domanda "che state combinando lì dentro, bambini?", anche se lo sa già; un altro paio dietro la testa, per vedere quello che non dovrebbe vedere, ma che deve sapere; un altro paio ancora per dire tacitamente al figlio che si è messo in un guaio "capisco e ti voglio bene lo stesso".
"Signore - fece l'angelo sfiorandogli gentilmente un braccio - va' a dormire. Domani è un altro...". "Non posso - ripose il Signore - ho quasi finito ormai. Ne ho già una che guarisce da sola se è malata, che può lavorare 18 ore di seguito, preparare un pranzo per sei con mezzo chilo di carne tritata e che riesce a tenere sotto la doccia un bambino di nove anni". L'angelo girò lentamente intorno al modello di madre, esaminandolo con curiosità: "É troppo tenera", disse poi con un sospiro. "Ma resistente - ribatté il Signore con foga - tu non hai idea di quello che può sopportare una mamma!". "Sa pensare?". "Non solo, ma sa anche fare un ottimo uso della ragione e venire a compromessi", ribatté il Creatore. A quel punto l'angelo si chinò sul modello della madre e le passò un dito su una guancia: "Qui c'è una perdita", dichiarò. "Non è una perdita - lo corresse il Signore - è una lacrima". "E a che serve?". "Esprime gioia, tristezza, delusione, dolore, solitudine, orgoglio". "Ma sei un genio!", esclamò l'angelo. Con sottile malinconia Dio aggiunse: "A dire il vero, non sono stato io a mettercela quella cosa lì...".


*Non sono in vendita  

Una giovane coppia entrò nel più bel negozio di giocattoli della città. L'uomo e la donna guardarono a lungo i colorati giocattoli allineati sugli scaffali, appesi al soffitto, in lieto disordine sui banconi. C'erano bambole che piangevano e ridevano, giochi elettronici, cucine in miniatura che cuocevano torte e pizze. Non riuscivano a prendere una decisione. Si avvicinò a loro una graziosa commessa. "Vede", spiegò la donna, "noi abbiamo una bambina molto piccola, ma siamo fuori casa tutto il giorno e spesso anche di sera". "É una bambina che sorride poco", continuò l'uomo. "Vorremmo comprarle qualcosa che la renda felice", riprese la donna, "anche quando noi non ci siamo... Qualcosa che le dia gioia anche quando è sola". "Mi dispiace", sorrise gentilmente la commessa. "Ma noi non vendiamo genitori".

Un quindicenne la vede così:
Volevo latte
E ho ricevuto il biberon.
Volevo dei genitori
E ho ricevuto un giocattolo.
Volevo parlare
E ho ricevuto un televisore.

Volevo imparare
E ho ricevuto pagelle.
Volevo pensare
E ho ricevuto sapere.
Volevo una visione generale
E ho ricevuto un'ideuzza.
Volevo essere libera
E ho ricevuto la disciplina.
Volevo amore
E ho ricevuto la morale.
Volevo una professione
E ho ricevuto un posto.
Volevo felicità
E ho ricevuto denaro.
Volevo libertà
E ho ricevuto un'automobile.
Volevo un senso
E ho ricevuto una carriera.
Volevo speranza
E ho ricevuto paura.
Volevo cambiare
E ho ricevuto compassione.
Volevo vivere...


*L'ombrello rosso

Lui era un giovane studioso e serio, lei una ragazza bella e saggia. E si amavano. Prima di partire per il servizio militare, lui volle farle un regalo. Un regalo che le ricordasse il suo amore. Doveva però fare il conto con le finanze, già messe a dura prova dai libri dell'Università.
Girò per negozi e grandi magazzini. Dopo mille «prendi e posa» si decise. Acquistò un enorme ombrello di un bel rosso vivo. Sotto quel grande ombrello rosso i due ragazzi si diedero il primo
addio, si scambiarono la promessa di amore eterno, decisero di sposarsi. Nella nuova casa, l'ombrello finì in uno sgabuzzino.
Passarono gli anni, arrivarono due figli, le preoccupazioni, qualche tensione di troppo, la noia, i silenzi troppo lunghi.
Una sera, seduti sul divano, lui e lei sbadigliavano davanti alla tv. Lei improvvisamente si alzò, corse nello sgabuzzino e dopo un po' tornò con l'ombrello rosso. Lo spalancò e una nuvoletta di polvere si sparse nell'aria. Poi si sedette sul divano con l'ombrello rosso spalancato. Dopo un lungo istante, lui si accoccolò accanto a lei sotto il grande ombrello. Si abbracciarono teneramente.
E ritrovarono tutti i sogni smarriti sotto la polvere dei giorni.

Un uomo e una donna si erano sposati dopo un lungo fidanzamento, avevano avuto quattro figli, i quattro figli erano cresciuti e a loro volta si erano sposati. La sera del matrimonio dell'ultima figlia, si ritrovarono nella loro casa. Soli. Erano ridiventati una coppia.
Si sedettero uno davanti all'altra.
Lui guardò a lungo sua moglie.
E poi disse: «Ma chi diavolo sei, tu?».
Non dimenticate l'ombrello rosso.


*L'educazione   

Quand'ero adolescente - raccontava un uomo ad un amico - mio padre mi mise in guardia da certi posti in città. Mi disse: "Non andare mai in una discoteca, figlio mio".
"Perché no, papà?", domandai.
"Perché vedresti cose che non dovresti vedere".
Questo, ovviamente, suscitò la mia curiosità. E alla prima occasione andai in una discoteca.
"E hai visto qualcosa che non dovevi vedere?", domandò l'amico.
"Certo", rispose l'uomo. "Ho visto mio padre".
Un bambino in piedi sul letto nel suo pigiamino rosso punta il dito contro la mamma e fieramente dichiara: "In non voglio essere intelligente. Io non voglio essere beneducato. Io voglio essere come papà!". L'esempio non è uno dei tanti metodi per educare. E' l'unico.


*Perché avete paura?

Era una famigliola felice e viveva in una casetta di periferia. Ma una notte scoppiò nella cucina della casa un terribile incendio.
Mentre le fiamme divampavano. genitori e figli corsero fuori. In quel momento si accorsero, con
infinito orrore, che mancava il più piccolo, un bambino di cinque anni. Al momento di uscire, impaurito dal ruggito delle fiamme e dal fumo acre, era tornato indietro ed era salito al piano superiore.
Che fare? Il papà e la mamma si guardarono disperati, le due sorelline cominciarono a gridare. Avventurarsi in quella fornace era ormai impossibile... E i vigili del fuoco tardavano.
Ma ecco che lassù, in alto, s'aprì la finestra della soffitta e il bambino si affacciò, urlando disperatamente: "Papà! Papà!".
Il padre accorse e gridò: "Salta giù!".
Sotto di sé il bambino vedeva solo fuoco e fumo nero, ma senti la voce e rispose: "Papà, non ti vedo...".
"Ti vedo io, e basta. Salta giù!", urlò, l'uomo.
Il bambino saltò e si ritrovò sano e salvo nelle robuste braccia del papà, che lo aveva afferrato al volo.

Non vedi Dio. Ma Lui vede te. Buttati!


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